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AGCOM apre l'elenco degli influencer rilevanti.

  • Immagine del redattore: Matteo Sallustio
    Matteo Sallustio
  • 10 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Non è un albo: perché si sta creando confusione

L’apertura del web form AGCOM dedicato agli “influencer rilevanti” ha scatenato, in pochi giorni, una quantità notevole di interpretazioni errate. In molti hanno parlato di “albo degli influencer”, come se fosse stato introdotto un sistema di abilitazione professionale. Non è così. L’elenco non certifica chi può fare l’influencer, non limita l’accesso al settore, non istituisce una professione regolamentata. È uno strumento di trasparenza.

Lo ha spiegato con chiarezza il Commissario AGCOM, Massimiliano Capitanio: l’obiettivo non è stabilire “chi ha il permesso di creare contenuti”, ma costruire una cornice di responsabilità rispetto alla comunicazione commerciale. Se un contenuto è sponsorizzato, il pubblico deve poterlo capire. Se un creator ha un peso editoriale molto alto, è legittimo aspettarsi che rispetti determinati standard informativi.

influencer

Chi viene considerato “influencer rilevante”

La questione, quindi, non riguarda tutti i creator, ma solo una parte. L’iscrizione è obbligatoria per chi raggiunge volumi di pubblico e visualizzazioni tali da poter incidere, in modo stabile, sul mercato pubblicitario. Non si parla più solo di follower “sulla carta”, ma di presenza continuativa, attività strutturata e un pubblico che risponde ai contenuti nel tempo.

Si considerano rilevanti gli influencer che aggregano almeno un milione di visualizzazione complessivi tra le principali piattaforme, oppure coloro che concentrano almeno mezzo milione di follower su una singola piattaforma e raggiungono volumi di visualizzazione annuali elevati. In altre parole, non si sta tracciando chi è “bravo” o “famoso”, ma chi esercita un’influenza comunicativa paragonabile, numericamente e ritmicamente, a quella di un media.

Chi non rientra in queste soglie non deve fare nulla. Nessuna iscrizione, nessun nuovo obbligo amministrativo, nessuna barriera da superare. Dal creator al media: perché esiste questo passaggio

Questo cambiamento nasce da una constatazione ormai evidente: alcuni creator raggiungono pubblici che fino a pochi anni fa erano possibili solo per televisioni locali o piccoli gruppi editoriali. Hanno una voce, uno stile e una capacità di orientare scelte, gusti, consumi. È naturale che questo comporti responsabilità diverse rispetto a chi utilizza i social come spazio personale.

L’elenco non restringe la libertà creativa, ma chiarisce un perimetro. La pubblicità va dichiarata e resa riconoscibile; i contenuti devono essere attenti all’impatto sui minori; le collaborazioni non possono essere presentate come opinioni spontanee quando non lo sono. È una forma di tutela, sia per il pubblico sia per i creator stessi, perché elimina zone d’ombra che negli anni hanno alimentato sfiducia e confusione.

L’iscrizione e la tutela della privacy

La procedura di iscrizione richiede l’indicazione dei profili social, delle metriche principali e una PEC o un indirizzo email certificato. È stato importante, in questo percorso, l’intervento congiunto di Assoinfluencer e AICDC, che hanno richiesto e ottenuto che il modulo non includesse dati sensibili come residenza o contatti privati. Questo riduce il rischio di esposizione indesiderata per chi è molto visibile online. La trasparenza non deve diventare vulnerabilità.

Cosa accade in caso di mancata iscrizione

Chi è obbligato a iscriversi e non lo fa può incorrere in una sanzione amministrativa. Non si parla di sanzioni simboliche. L’importo può variare da poche centinaia a diverse decine di migliaia di euro, a seconda della gravità e dell’eventuale reiterazione. È un segnale chiaro: il settore è entrato in una fase di responsabilità matura.

Per chi è sotto soglia: perché la notizia è ugualmente rilevante

Anche se non riguarda direttamente tutti, questo passaggio incide sull’intero ecosistema. Brand e agenzie aggiorneranno i contratti e le modalità di collaborazione. La trasparenza nella dichiarazione delle ADV diventerà un requisito standard, non un “più”. Gli utenti, sempre più informati, inizieranno a pretendere chiarezza.Chi interiorizza questa logica ora, si posiziona meglio nel tempo.

Una nuova fase per la creator economy

Il settore non è più percepito come nuovo o sperimentale. È parte dell’industria culturale ed economica del Paese. Questo provvedimento lo riconosce. E se c’è trasparenza, c’è fiducia. E se c’è fiducia, ci sono relazioni professionali più solide, meno improvvisazione, meno competizione basata sull’opaco.

È un momento di crescita. Non di restrizione.

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