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Nel 2025, i brand devono puntare sui creator di nicchia?

  • Immagine del redattore: Matteo Sallustio
    Matteo Sallustio
  • 27 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Negli ultimi anni la creator economy italiana ha registrato una crescita travolgente. Secondo Goldman Sachs il valore globale del settore potrebbe raggiungere i 480 miliardi di dollari entro il 2027, grazie a oltre 200 milioni di creator attivi nel mondo. L’Italia è già il terzo Paese in Europa per numero di creator ed è salita sulle prime pagine nazionali con un incremento del 33% in influencer marketing . Il mercato italiano dell’influencer marketing valeva circa 459,6 milioni di dollari nel 2024 e si stima supererà i 540 milioni nel 2025, con un tasso di crescita annuo del 16,8% . In pratica per ogni brand, grande o piccolo, esiste oggi un creator ideale da coinvolgere. Questi dati confermano che la creator economy sta uscendo da una fase pionieristica per diventare un settore maturo: agenzie dedicate, piattaforme di gestione e metodi di misurazione (performance marketing, ROI, engagement) si stanno affermando come standard di mercato.

content creator

Allineamento valoriale e tone of voice: un fattore decisivo

Oggi la scelta dei creator da parte dei brand non dipende più solo dalla popolarità, ma dall’affinità con i valori e il TOV del marchio. In Italia questo allineamento etico è al centro delle strategie: il 62% dei creator si definisce “content creator” piuttosto che semplice influencer, e addirittura il 70% collabora solo con brand che condividono i propri valori . Una scelta coerente con il crescente peso dei temi sociali: in media la metà dei creator dichiara di promuovere attivamente la sostenibilità (49%) e le tematiche di diversità e inclusione (47%) nei propri contenuti . Invece, solo il 36% dei creator italiani considera il compenso come criterio prioritario nella selezione delle campagne, la percentuale più bassa d’Europa. Come evidenziano i dati Kolsquare, gli italiani sono i più propensi a mettere la trasparenza al primo posto (70%) e a puntare sulla sostenibilità (52%) nelle collaborazioni . In sintesi, un creator di successo nel 2025 offre al brand autenticità narrativa e valori condivisi, molto più di quanto lo possano fare un semplice post sponsorizzato o il numero di follower.

Il crollo delle vanity metrics: follower e like non bastano più

Il settore influencer registra ormai il tramonto delle vanity metrics: contano sempre meno follower acquistati o like vacui, e sempre di più engagement reale e risultati tangibili. Ad esempio, nel beauty e nel food, l’engagement dei micro-influencer sovrasta nettamente quello delle celebrity. Questi dati confermano quanto rilevato da Emplifi: i micro-influencer generano un tasso di coinvolgimento del 60% più alto rispetto ai macro, con un conversion rate superiore del 20%. I creator italiani lo sanno bene: non rincorrono più l’“economia dei like” ma puntano su contenuti di qualità e conversazioni vere con la community. I dati mostrano che la maggioranza dei marketer italiani (59,7%) già preferisce collaborare con creator sotto i 30K follower (micro), mentre solo il 9,7% investe sui top influencer con oltre 100K follower . In sostanza, l’era dei follower a tutti i costi è finita: adesso vince chi sa convertire l’audience in fiducia e acquisti concreti.

Creator di nicchia vs macro-influencer: cosa dicono i dati

La convivenza di creator di nicchia e top influencer si fa sempre più marcata. L’analisi dei trend mostra che i professionisti del marketing redistribuiscono i budget verso profili più piccoli ma mirati: il 47% delle imprese prevede di investire di più sui micro-influencer, ritenendoli in grado di garantire conversioni più elevate. In Italia, i numeri parlano chiaro: quasi sei aziende su dieci collaborano con creator sotto i 30K follower, mentre appena 1 su 10 lavora con oltre 100K . Questo shift non sorprende, perché come sottolinea Simone Pepino «i piccoli creator offrono una connessione più autentica con nicchie specifiche del pubblico» . Inoltre, i micro-influencer hanno costi di ingaggio contenuti e rendono flessibile la strategia: un investitore può coinvolgerne decine anziché puntare tutto su uno o due big spender. In pratica, i dati dicono che i creator di nicchia oggi portano ROI e engagement superiori rispetto alle superstar dei social.

Dove i micro e nano creator funzionano meglio?

In diversi settori verticali le nicchie stanno cambiando le regole del gioco.

In particolare:

  • Beauty & Fashion: il settore cosmetico italiano si fonda da tempo sulla voce degli influencer. Come evidenziato, micro-influencer del beauty possono raggiungere engagement oltre 3%, molto più alto delle megastar della moda. I brand di bellezza (come Guerlain e altri) integrano campagne con profili di ogni dimensione, per coprire tutte le fasce di pubblico.

  • Food & Beverage: anche in ambito gastronomico i creator di nicchia dominano il dialogo. Molte delle foodblogger italiane più seguite hanno follower in scala centinaia di migliaia ma engagement intorno all’1-3%. La community si fida del consiglio di cuochi casalinghi e esperti locali più che di testimonial generalisti.

  • Travel & Turismo: i creator di viaggi stanno imponendosi grazie a contenuti autentici e storie personali. Anche qui, profili “di nicchia”, come travel blogger regionali o specialisti di esperienze specifiche, consentono ai marchi turistici di intercettare target precisi (familie, giovani avventurosi, ecc.) con budget contenuti.

  • Gaming & Tech: nel gaming i micro-influencer (spesso streamer su Twitch e YouTube) conquistano follower leali e molto coinvolti. Le statistiche globali indicano che la community gaming premia la coerenza e la competenza tecnica piuttosto che i grandi nomi. Molti brand tech italiani (accessori, console, giochi) dialogano oggi con decine di micro-gamer locali piuttosto che ingaggiare poche celebrità dei videogame.

In generale, settori ad alta competizione come moda, lusso, cibo, viaggi beneficiano della strategia multi-creatore: lo studio Polaris evidenzia come il contenuto generato dagli influencer incida sulle scelte di acquisto in beauty, fashion, travel e food. Inoltre, la segmentazione locale è cruciale: come nota Polaris, “local influencers with niche followings” sono sempre più attraenti perché garantiscono engagement più alto e messaggi brandizzati più aderenti ai territori.

Il ruolo dell’AI nel matchmaking brand-creator

Il 2025 è anche l’anno in cui l’AI entra prepotentemente nel mondo creator. Gli stessi creator fanno ampio uso di strumenti basati su intelligenza artificiale: Kolsquare registra che l’80% dei creator europei utilizza l’IA per generare idee, scrivere script, ottimizzare contenuti e prevedere le performance dei post . Parallelamente, anche i brand adottano soluzioni IA per selezionare i partner ideali. Un caso esemplare è Relations.AI di Hoopygang: una piattaforma che sfrutta algoritmi proprietari per trovare il miglior abbinamento tra brand e creator, diventando un vero “co-pilota” nella creazione della campagna . L’obiettivo è passare dall’istinto alla decisione data-driven, identificando in tempi rapidi i testimonial che assicurano il massimo ROI. In sostanza, l’IA facilita il matchmaking tra aziende e creatori: come spiegano gli esperti, consente di accelerare la ricerca del creator giusto («non sostituisce la creatività umana, ma la potenzia» ) e di costruire campagne sempre più performanti e targettizzate.

Opportunità concrete per PMI e creator emergenti

Per le piccole e medie imprese italiane questa rivoluzione rappresenta un’opportunità straordinaria. Grazie all’attenzione ai micro-influencer, anche le PMI possono ingaggiare creator con community ben profilate, senza dover competere con i budget dei grandi gruppi. Come sottolinea Polaris, i microinfluencer offrono messaggi localizzati e tassi di engagement più elevati, risultando particolarmente vantaggiosi per le aziende più piccole . Inoltre, la trasformazione in corso sposta gli investimenti pubblicitari: dopo un +13% nel 2023, il mercato dell’adv digitale dedicato agli influencer crescerà di un ulteriore 8% nel 2024, raggiungendo circa 375 milioni di euro in Italia . Questo significa più budget e più spazio per collaborazioni mirate. In concreto, brand e PMI dovrebbero investire su campagne che puntano a obiettivi misurabili (conversion, crescita del brand affinity) e valorizzare i micro-creators attraverso giveaway, affiliate e programmi di ambassador. D’altro canto, i creator emergenti, anche con community relativamente piccole, possono monetizzare più facilmente: con piattaforme dedicate e network di creator, gli strumenti di collaborazione si sono democratizzati, permettendo a chiunque di trovare il marchio giusto per le proprie competenze di nicchia.

La creator economy italiana del 2025 mostra un volto inedito

Da una parte un settore in forte crescita (+33% del mercato influencer nazionale ), dall’altra una chiara svolta qualitativa. I brand guardano sempre meno alle cifre di fan e like e sempre più all’impatto, ai valori condivisi e al ritorno reale sull’investimento. Per i creator di nicchia questo è il momento di grande visibilità: chi saprà costruire contenuti autentici, allineati ai valori del proprio pubblico e supportati da strumenti come l’intelligenza artificiale, raccoglierà i frutti di questa tendenza. Le PMI devono cogliere questa occasione per stringere partnership con micro e nano influencer, più economiche e in target, e diffondere il proprio messaggio di marca con credibilità.

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