Rispondere ai commenti: la leva più sottovalutata che aumenta l’engagement
- Matteo Sallustio

- 14 nov
- Tempo di lettura: 3 min
L’idea che “l’engagement nasca dall’engagement” può sembrare un mantra ripetuto fin troppo spesso, ma oggi trova conferma in un’analisi su scala senza precedenti. Julian Winternheimer, data scientist di Buffer, ha esaminato quasi due milioni di post pubblicati da oltre 220.000 account su sei piattaforme diverse. Il risultato è netto: rispondere ai commenti migliora l’engagement dal +5% al +42%, a seconda della piattaforma. Una dinamica che non riguarda solo creator e influencer, ma anche brand, professionisti e chiunque pubblichi contenuti online.
Una metodologia solida e trasparente
A rendere lo studio affidabile non è solo la dimensione del campione, ma il metodo. Winternheimer ha utilizzato modelli a effetti fissi, confrontando ogni account con sé stesso nel tempo. Questo elimina distorsioni legate alla crescita del profilo o alle differenze di nicchia.
A tutto questo si aggiunge la Z-score analysis, che misura quanto ogni post si discosti dalle performance abituali dello stesso account. La risposta ai commenti è, quindi, uno dei segnali più immediati che gli algoritmi leggono per valutare la qualità della conversazione.
Quanto aumenta davvero l’engagement?
Il miglioramento cambia a seconda della piattaforma, ma segue una linea chiara e coerente:
Threads: +42%
LinkedIn: +30%
Instagram: +21%
Facebook: +9%
X: +8%
Bluesky: +5%
La costanza di questi valori su sistemi così diversi tra loro suggerisce che la relazione con la community non è un dettaglio: è un fattore determinante.
Threads: la conversazione come forza trainante
Threads è la piattaforma dove la crescita è più evidente. Con un +42%, le risposte ai commenti hanno un peso quasi pari, o addirittura superiore, al post stesso. Non è solo una scelta tecnica: è parte della filosofia di piattaforma. Adam Mosseri lo ha detto più volte: su Threads, rispondere conta quanto pubblicare.
LinkedIn: autorevolezza e impatto professionale
Su LinkedIn, rispondere ai commenti non solo migliora l’engagement (+30%), ma rafforza la percezione professionale del creator. L’introduzione delle impression sui commenti ha reso ancora più evidente quanto una risposta ben piazzata possa diventare un’occasione di discovery presso un pubblico altamente qualificato.
Instagram: relazione come segnale di qualità
Su Instagram, dove l’attenzione è frammentata e la competizione è altissima, rispondere ai commenti serve a dire all’algoritmo che il contenuto sta producendo conversazioni autentiche. Il risultato: i post durano più a lungo nei feed e possono raggiungere più facilmente la sezione Esplora. Anche qui i numeri parlano: +21%.
Facebook, X e Bluesky: effetto presente, anche se meno marcato
Sulle piattaforme più mature o emergenti, l’aumento è più contenuto, ma resta significativo:
+9% su Facebook
+8% su X
+5% su Bluesky
L’elemento chiave resti la percezione di “community viva”. Rispondere a chi commenta manda un segnale chiaro: il creator c’è.
Non è un trucco: è un comportamento umano
La parte più interessante è che questa dinamica non è un “hack di engagement”. Buffer lo sottolinea apertamente: rispondere ai commenti è un comportamento umano. È relazione. È ascolto. Tutte le piattaforme stanno premiando in modo sempre più evidente questo tipo di interazione.
Strumenti utili per gestire i commenti
Per chi pubblica molto e su più piattaforme, rispondere a tutto può diventare complicato. Da qui nasce Community, lo strumento di Buffer che aggrega i commenti da diversi social in un’unica dashboard e introduce anche il Comment Score, pensato per aiutare creator e brand a essere costanti e rapidi.
Rispondere ai commenti è una delle attività più semplici e sottovalutate, ma anche una delle più efficaci. Le analisi di Buffer e i dati rilanciati da Social Media Today mostrano un punto fermo: la conversazione è la spinta più naturale e più potente per crescere sui social.















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